Onorevoli Colleghi! - La legge 25 marzo 1993, n. 81, in seguito confluita nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, aveva già correttamente espresso il principio di separazione fra le funzioni dell'esecutivo e quelle dei consigli nei comuni con oltre 15.000 abitanti e nelle province, prevedendo l'incompatibilità tra la carica di consigliere e quella di assessore. La ratio di tale incompatibilità era, ed è tuttora, fondata sull'esigenza di garantire autonomia decisionale agli organi citati, garantendo nella forma e permettendo nella sostanza che le sovrapposizioni tra le cariche elettive e gli incarichi amministrativi non inquinino l'esercizio della necessaria dialettica istituzionale.
      L'intento del legislatore era senz'altro condivisibile e va salvaguardato. Dopo quasi tredici anni di esperienza e di verifica, tuttavia, si possono constatare alcune conseguenze negative, alle quali è tempo di porre rimedio. È evidente che l'incarico di assessore comporta un necessario rapporto fiduciario con l'organo di vertice, sindaco o presidente della provincia. Ed è altrettanto chiaro che, venuto meno tale rapporto, la delega amministrativa può essere revocata. Questa circostanza, della quale non sono mancati gli esempi nella realtà, determina effetti tutt'altro che trascurabili: il consigliere eletto, che aveva dovuto rassegnare le dimissioni dal consiglio all'atto della nomina ad assessore, infatti, se viene revocato esce totalmente dalla vita attiva della realtà

 

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istituzionale. La prima conseguenza è la frustrazione della volontà espressa dagli elettori, che vedono escluso il candidato da loro scelto e nel contempo si vedono rappresentati da un altro candidato che avevano ritenuto meno rappresentativo. Il secondo aspetto importante è quello che si potrebbe definire «di carattere umano»: l'atto di revoca di un assessore non ha soltanto conseguenze sugli equilibri politici della giunta o del consiglio, ma rappresenta per l'interessato l'esclusione totale dalla vita istituzionale. La minaccia della revoca costituisce quindi una potente remora, che ha condizionato le scelte e i comportamenti di molti assessori, limitandone l'obiettività e l'autonomia nelle scelte politiche e amministrative.
      Nello stesso tempo, paradossalmente, questa considerazione ha influenzato in diversi casi sindaci e presidenti di provincia, che non hanno voluto avvalersi del potere di revoca, nonostante l'esaurimento del rapporto fiduciario con l'assessore, per non compiere un atto eccessivamente penalizzante nei confronti di quest'ultimo.
      Gli effetti negativi dell'affermazione di un principio di per sé corretto rendono necessario un tempestivo e appropriato intervento del legislatore.
      La presente proposta di legge mantiene l'incompatibilità fra la carica elettiva di consigliere comunale e provinciale e quella amministrativa di assessore, ma prevede che - in caso di revoca dell'assessore - questi venga reintegrato nella sua carica di consigliere.
      Il consigliere nominato assessore, fino a quando rimane in carica, viene sostituito nel rispettivo consiglio dal primo dei non eletti, che assume la qualifica di consigliere ad interim, e che esercita la supplenza, in analogia con quanto previsto dall'articolo 45 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000.
 

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